30 gennaio 2013

Saliscendi


Molta curiosità ha suscitato tempo fa l’affermazione del professor Mario Monti che intendeva “salire “ in politica, anziché “scendere” nell’arena, com’è uso comune dichiarare. Ci si domandava, da parte di tutti, se tale espressione non fosse una forma di snobismo: il Professore, in quanto uomo nuovo e al di sopra delle parti, forse non intendeva essere confuso con la massa degli “incapaci” (come lui stesso aveva definito i politici di mestiere), appunto coloro che “scendono“ in campo, ed ha usato un’espressione che lo contraddistinguesse.
Noi crediamo che le cose stiano in effetti in un modo molto diverso. L’espressione “salire” rispecchia fedelmente la qualità particolare che lo distingue. In tutta la sua vita è stato un “arrampicatore sociale” e non si vede perché, nel raggiungere il punto più alto della sua carriera (almeno per il momento), non avrebbe dovuto impiegare  un’espressione diversa da quella usata.
D’altra parte, proprio poiché si tratta di persona che “sale” e non “scende”, l’esimio Professore ritiene assolutamente normale che i suoi giudizi sugli altri, che sono “scesi” in politica e quindi sono collocati tanto più in basso di lui, siano giusti, corretti ed assolutamente inevitabili. Quindi quotidianamente critica, anche aspramente, i suoi avversari, o quelli che lui ritiene tali, spesso smentendo se stesso o semplicemente mentendo (nel suo caso riteniamo che non di menzogne, ma di ingegnose verità si tratti).
E tutto ciò benché sappia perfettamente che, dato l’esito quanto meno modesto che otterranno nelle prossime elezioni le liste a lui apparentate – lui non poteva, per ragioni di prestigio, scendere fino a farsi giudicare, attraverso le elezioni, dalla plebe ignorante – se vorrà risalire sul tram governativo, dovrà accettare di unirsi a chi avrà ottenuto più voti e che oggi critica senza remore.
Tuttavia il Professore, che esercita ampiamente il suo diritto di critica, è assolutamente allergico alle critiche degli altri. Sebbene egli stesso abbia dichiarato, nel suo programma, che occorre rivedere le leggi sull’IMU, sul lavoro eccetera, guai a chi si permette di rinfacciargli le sue decisioni relative proprio a quelle leggi ed a tutta le gestione del suo ministero.
In definitiva sembra che, memore dei suoi giovanili anni, egli abbia assunto a proprio motto il titolo di una canzone portata al successo negli anni sessanta da Caterina Caselli: “Nessuno mi può giudicare”…
 Il Bertoldo

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