Tutte le campagne
pubblicitarie lanciate al fine di accrescere l’appetibilità di un prodotto o di
un servizio, ed in buona sostanza al fine di aumentare il volume delle vendite,
hanno come leitmotiv uno slogan. Naturalmente, anche quando si tratta di
prodotti simili, si cerca di coniare slogan diversi, per non ingenerare
confusione nei clienti. Se per esempio si deve pubblicizzare un dentifricio,
alcuni metteranno in risalto le proprietà sbiancanti, altri il senso di
freschezza, altri ancora le caratteristiche antibatteriche od anti tartaro, e
così via.
Una campagna elettorale in
definitiva non è altro che una campagna pubblicitaria che i partiti debbono
svolgere periodicamente per legge al fine di aumentare i propri ricavi, ossia i
propri seggi in parlamento e tentare di diventare i leader del mercato politico
per la durata di una legislatura. Ci si aspetterebbe quindi che gli slogan
creati per l’occasione siano diversi per ogni partito. Al contrario, e salvo
qualche modesta differenza, sembra che i principali argomenti addotti a
sostegno del proprio “prodotto” siano desolantemente uguali.
Ne citiamo i principali,
comuni a pressoché tutti i partiti: riduzione dell’imposizione fiscale, riforme
(quali? è da sempre un segreto molto ben custodito), sviluppo, nuovi posti di
lavoro, grande attenzione per le famiglie, i pensionati, i giovani e le donne,
ed infine giustizia sociale ed uguaglianza vera fra tutti. Vale la pena
soffermarsi un momento su questi due ultimi punti.
Non è ben chiaro cosa si
intenda per giustizia sociale. E poi, dato che non si è riusciti a far
funzionare decentemente la giustizia senza aggettivi (e ricordiamo che il
concetto di giustizia è sempre molto relativo: ciò che era giustizia per molti
popoli antichi, non lo è affatto per noi; vedi le lapidazioni, la tortura, i
sacrifici umani e simili piacevolezze) come si può pensare che funzioni la
giustizia sociale, qualunque cosa essa sia?
E veniamo all’uguaglianza.
Si tratta di un concetto molto importante, e ne esistono due definizioni. Il
principio liberale per il quale tutti debbono godere degli stessi punti di
partenza: da qui in poi ognuno svilupperà le proprie occasioni secondo le
proprie capacità. In definitiva si tratta di far partire tutti dallo stesso
punto, e di lì in poi vige un criterio meritocratico, come si usa dire. E’ lo
stesso principio in vigore in tutte le attività sportive: la linea di partenza
è la stessa per tutti, all’arrivo giungerà primo il migliore. Salvo
naturalmente l’uso del doping, che nella vita comune si chiama spintarella o
raccomandazione.
Per quanto invece si riesce
a capire, le ideologie di sinistra vorrebbero che tutti avessero lo stesso
punto di arrivo (salvo ovviamente i propri amici). Sarebbe come se in una gara
sportiva il sistema prevedesse che tutti debbano arrivare insieme al traguardo,
tutti primi e nessun secondo o peggio. L’idea a noi pare aberrante e tale da
bloccare qualsiasi possibilità di progresso della società. In queste condizioni
chi sarebbe spronato a dare il meglio di se stesso se poi alla fine dovesse
ritrovarsi sullo stesso piano dei pigri, dei meno capaci, dei parassiti?
Se è questa la società che
alcune parti politiche vorrebbero realizzare (dalla regola sarebbero
naturalmente esclusi gli “amici”), bisogna dire chiaramente alle prossime
elezioni che non ci stiamo.
Il Bertoldo
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