20 aprile 2013

Coerenza


Tutto si può dire del segretario del PD, onorevole Pier Luigi Bersani, ma non certo che non sia rigidamente e coerentemente legato ad una sua originale linea di condotta: quella di non vincere, mai.
Si è presentato alle elezioni come leader della coalizione di sinistra e, com’è ben noto, è riuscito nello straordinario exploit di arrivare primo senza peraltro vincere. Come leader della coalizione arrivata prima godeva del diritto di aspirare ad essere il prossimo Presidente del Consiglio. Ottenne infatti un incarico esplorativo dal Presidente Giorgio Napolitano ed in questa veste fece tutto il possibile per mantenersi ligio alla propria strategia.
Come primo passo prese ripetuti contatti con il Movimento Cinque Stelle, il cui motto era “mai con i vecchi arnesi della politica e con i partiti-zombie”, nella evidente speranza che questi suoi tentativi finissero in una “non vittoria”. Di fronte allo stallo evidente della situazione il tradizionale avversario del PD, il PDL, si offerse di partecipare ad un “governissimo” guidato dallo stesso Bersani che mettesse mano ad un certo numero di urgenti provvedimenti condivisi, fra cui una radicale riforma della legge elettorale, per poi indire nuove elezioni.
Di fronte alla prospettiva di realizzare il sogno di diventare finalmente Presidente del Consiglio, sia pur precario, il nostro inorridì: rifiutò la mano tesa in modo da riuscire anche questa volta a “non vincere”.
Comunque, dopo oltre cinquanta giorni di melina post elettorale, giunse il momento di eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, operazione per la quale era richiesta un’ampia maggioranza: “la nomina deve essere condivisa, perché dobbiamo eleggere il presidente di tutti gli italiani” dissero tutti. In qualità di primo alle elezioni (sebbene non vittorioso) spettò a lui fare dei nomi da sottoporre ai “grandi elettori”.
Ottenuto il consenso del PDL sul nome di Marini, che al primo scrutinio ottenne abbastanza voti per essere sicuro del successo alla quarta votazione, inorridito ad una simile prospettiva, decise, proprio in occasione della quarta votazione, di cambiare cavallo, puntando sull’on. Romano Prodi, per essere sicuro di uscirne “non vincitore”, cosa che regolarmente è avvenuta.
Come si vede, la sua linea della “non vittoria” è stata sempre seguita con costanza e rigore. Una sola volta il Nostro vi si sottrasse, quando partecipò e vinse alle primarie del suo partito. Ma si trattò evidentemente di uno strappo conseguente ad un astutissimo ragionamento: come avrebbe infatti potuto collezionare tante “non vittorie” se fosse stato bocciato alle primarie? La sua lungimiranza ha vinto (?).

Il Bertoldo

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