A circa due mesi dalle
elezioni ed a circa un anno e mezzo dall’uscita di scena dell’ultimo governo
rappresentativo di una maggioranza politica, oggi finalmente si è costituito ed
ha prestato giuramento un governo espressione delle forze politiche che hanno
ottenuto l’avallo della volontà popolare.
Questo nuovo governo,
guidato com’è noto dall’onorevole Enrico Letta, segretario reggente del Partito
Democratico dopo le dimissioni del segretario Bersani, può vantare un certo
numero di novità e primati rispetto a tutti i governi repubblicani che l’hanno
preceduto.
Innanzi tutto è il primo governo dal 1947, sessantasei anni
fa, che veda assieme esponenti di due schieramenti da sempre fieramente
avversi: centrosinistra e centrodestra, espressioni di ideologie antitetiche
(almeno a parole). Dobbiamo poi ricordare che l’età media dei ministri è
probabilmente la più bassa mai registrata nella storia della Repubblica: 52
anni. Per la prima volta un terzo dei ministri è costituito da donne; per la
prima volta abbiamo un ministro di etnia africana e naturalizzato italiano. E
per la prima volta un governo della Repubblica, costituito per la maggior parte
da rappresentanti dei partiti presenti in Parlamento, non contiene i soliti
noti, pezzi da novanta della politica.
Se questo rappresenti un
inizio di rinnovamento della classe politica e dei suoi deplorevoli
comportamenti è tutto da vedere: francamente per ora c’è solo da sperarlo. Ma
naturalmente non basta avere un governo costituito in buona parte da persone più
giovani di quelle cui eravamo abituati, né è sufficiente che per la maggior
parte si tratti di volti nuovi. Quello che interessa soprattutto è di vedere
cosa questo nuovo governo sarà in grado di fare.
Domani inizierà l’iter per
la fiducia delle Camere, con i consueti discorsi programmatici del nuovo
Presidente del Consiglio. Sentiremo quali saranno i suoi programmi, ma
l’importante verrà dopo. L’Italia sta attraversando la crisi sociale ed
economica più grave degli ultimi decenni ed ha bisogno di un impegno estremo
per ripartire, sia sul piano delle politiche economiche e finanziarie interne
sia in relazione alla nostra appartenenza all’Europa e ad una zona monetaria
particolare.
Ci auguriamo che fra le
proposte del nuovo governo non figurino le solite manfrine sul conflitto
d’interessi, la lotta all’evasione ed alla corruzione (esiste già una miriade
di leggi in proposito, basta applicarle), la istituzione dello jus soli, le
unioni e le adozioni omosessuali, le finte socialità e solidarietà, le stucchevoli
richieste di riforme mai precisate e soprattutto mai realizzate, e simili.
Abbiamo bisogno di far ripartire l’economia che da uno stato di estrema
difficoltà precedente è stata definitivamente ed insulsamente compromessa da un
governo di cosiddetti “tecnici” che sembra aver profuso tutti i propri sforzi
per rendere cronica una malattia già grave di per sé.
Non si può continuare a
prelevare senza freni larga parte di quanto il paese produce, senza mai
immettere nell’economia nessuna liquidità e senza che lo stato, rigido quando
si tratta di far valere i propri diritti, rispetti minimamente non solo le
leggi da esso stesso emanate, ma neppure mostri la minima decenza nei confronti
dei diritti dei cittadini.
Vedremo se questo governo,
che presenta tanti aspetti nuovi, saprà essere innovatore anche nelle sue
azioni e nei suoi comportamenti, e se il Parlamento lo sosterrà in una vera e
propria azione rinnovatrice, anche con provvedimenti sostanzialmente
impopolari, e non solo ricorrendo alle tasche, ormai vuote, dei cittadini.
Il Bertoldo
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