02 maggio 2013

Programmi


Dopo un paio di mesi persi in sceneggiate del tutto inutili e deprimenti, finalmente, come tutti sanno, è stato costituito un nuovo governo che, al momento del voto di fiducia, ha potuto contare su un amplissimo consenso.
Da molte parti si è fatto notare che una maggioranza dei componenti del governo proviene da elementi della disciolta Democrazia Cristiana, alcuni accasati nel Partito Democratico, altri nel PDL, altri ancora nel partito Lista Civica. Uno solo fra i ministri proviene direttamente dalle schiere dell’ex Partito Comunista, poi PDS, DS, PD, Flavio Zanonato.
Seguendo le consolidate usanze democristiane la nuova compagine governativa è piuttosto numerosa: ventuno ministri, oltre al Presidente del Consiglio. Non sono ancora stati definiti i sottosegretari e c’è veramente da sperare che non si superi e neppure si eguagli il primato di uno dei governi Prodi (pure lui ex DC) costituito da oltre cento componenti.
Ci sembra peraltro che, in un governo il cui compito essenziale dovrebbe essere quello di far uscire il paese dalla gravissima crisi economica, sociale e finanziaria che lo opprime da vari anni, ci sia qualche dicastero di troppo. Non è ben chiaro a cosa possano servire, in un momento come questo, i ministeri dell’Integrazione, delle Pari Opportunità, dei Rapporti col Parlamento,  della Coesione Territoriale e simili.
Nei suoi discorsi di insediamento alla Camera ed al Senato il Presidente Enrico Letta ha indicato quale sia il programma del suo governo, basato su cose concrete come le riforme costituzionali, il fisco, il lavoro, i rapporti con l’Europa da una posizione un po’ meno supina di quella tenuta dal precedente governo “tecnico”. C’è solo da sperare che i buoni propositi vengano, almeno in buona parte, realizzati. Come dice una nota pubblicità, che il governo “non venda sogni, ma solide realtà”.
Tuttavia alcuni dei neo ministri si sono affrettati a completare od a correggere a modo loro il programma enunciato dal Premier. A titolo di esempio, il ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, ha fatto tutta una serie di dichiarazioni che non solo non hanno nulla a che vedere con il programma governativo, ma sono certamente tali da provocare forti dissensi nella maggioranza composita che ha concesso la fiducia al nuovo governo: eliminazione del reato di immigrazione clandestina, abolizione della legge Bossi-Fini, libera circolazione per tutti gli extracomunitari, introduzione dello “jus soli”. Non sembra che si tratti di provvedimenti urgenti per il rilancio del paese.
Vale la pena di chiarirci un po’ il problema. L’arrivo nel nostro paese di uno straniero al fine di trovare un lavoro e di conseguenza migliorare la propria situazione sociale ed economica passa a nostro avviso attraverso tre fasi. Innanzi tutto l’arrivo vero e proprio, che deve avvenire regolarmente nel rispetto delle nostre leggi e non clandestinamente. Questa è la prima fase: l’immigrazione.
In un secondo momento il nuovo arrivato deve imparare la nostra lingua, assimilare la nostra cultura di base, conoscere ed adottare, nei limiti del possibile, i nostri costumi e le nostre usanze, condividere i nostri valori, inviare i propri figli, se ne ha, alle scuole italiane perché non crescano diversi dai loro coetanei italiani, rispettare le nostre leggi. E’ questa la seconda importantissima ed essenziale fase: l’integrazione.
Una volta pienamente integrato lo straniero, se lo ritiene opportuno, potrà chiedere di diventare cittadino italiano a tutti gli effetti, sostanziali e giuridici: è questa evidentemente la terza ed ultima fase: l’ottenimento della cittadinanza, che lo parifica ai propri nuovi concittadini del paese ospitante.
Nell’esternare le proprie intenzioni la signora Kyenge ha messo l’accento sul primo e sul terzo punto: l’immigrazione – da facilitarsi in tutti i modi – e la concessione della cittadinanza – senza particolari esigenze di vera integrazione -. Non ha detto una sola parola su come pensa di agire per realizzare la parte più importante e difficile di tutta la storia, l’integrazione. Dobbiamo quindi concludere che la neo Ministra per l’Integrazione considera la propria specifica funzione del tutto superflua ed inutile?
Un altro neo ministro, Dario Franceschini, titolare dei Rapporti col Parlamento, ha voluto dire la sua a proposito dell’IMU: secondo lui la rata di giugno, che sarà sospesa secondo le dichiarazioni del Presidente Letta, non verrà eliminata ma soltanto rimandata. Si tratta di un chiaro dissenso, se non addirittura di una smentita di quanto esposto nel programma di governo.
Tutto questo per dare ai cittadini l’idea di un forte sentimento di coesione all’interno della compagine governativa. E pensare che l’on. Franceschini è titolare del Ministero per i Rapporti col Parlamento ed il Coordinamento dell’Attività del Governo. Il Nostro non è particolarmente noto per le sue capacità, ma ci sembra che ritenere che le sue strambe dichiarazioni possano essere fondamentali e soprattutto un buon inizio per ben coordinare l’attività governativa sia un po’ troppo…

Il Bertoldo

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