27 maggio 2013

Semplificazioni

L’Italia è comunemente ritenuta la patria del diritto. Se poi si tratti di diritto realmente applicato o semplicemente di diritto enunciato attraverso norme che vengono osservate o fatte osservare solo se ciò fa comodo, a sé, ai propri interessi od alla propria parte politica non è ben chiaro a nessuno. Tuttavia, forse in ossequio alla definizione citata, vige da noi un’abitudine inveterata. Ogni volta che si verifica un fatto che impressiona la pubblica opinione, si tratti di delitti, reati di vario genere, situazioni diverse da quelle cui siamo abituati, si chiede a gran voce che il fenomeno venga regolato o contrastato con una nuova legge. Naturalmente senza verificare se una legge in proposito esiste già e soprattutto se essa viene applicata da chi di dovere.
Ci troviamo quindi di fronte ad una sterminata produzione di leggi, di regolamenti  e di norme che hanno comunque valore di legge, emanate dallo stato, dalle regioni, dalle provincie e dai comuni.  D’altra parte bisogna riconoscere che le assemblee democratiche investite del potere legislativo debbono ben fare onore alla propria qualifica, e dobbiamo dire che senza ombra di dubbio esse “lavorano” molto, ed il loro indefesso lavoro è ulteriormente complicato, per quanto riguarda il Parlamento nazionale dal fatto che sono in funzione ben due Camere con gli stessi poteri, che sono particolarmente affezionate al gioco del pingpong. In fondo, il Parlamento non detiene forse il potere legislativo? E quindi lo esercita senza sosta (ed anche senza logica).
Accade così che si calcola che le norme aventi valore di legge siano in Italia circa centocinquantamila, contro dieci o quindici mila vigenti negli altri più importanti paesi europei. Peraltro, la sterminata produzione normativa sembra non essere ben nota neppure a chi è preposto alla predisposizione delle nuove norme, tanto che è abituale, nelle stesse, l’espressione “le disposizioni della presente legge sono applicabili ai soggetti di cui alla legge XXX e successive modificazioni” senza che queste ultime vengano mai precisate, per doverosa chiarezza. D’altra parte è noto che non è ammessa l’ignoranza della legge…
Qualche anno fa, in uno slancio di inabituale e lodevole razionalità, ci si rese conto che la situazione aveva ormai raggiunto un livello insostenibile, e si istituì un apposito ministero: il Ministero per la Semplificazione. All’inizio questo ministero sembrò darsi molto da fare e nel 2009 annunciò solennemente di aver proceduto alla abrogazione di ben ventinovemila leggi, per lo più risalenti a cento o duecento anni prima. Non è stato chiarito se fra le leggi abrogate figurasse anche l’Editto di Rotari, forse conservato per motivi culturali.
Da allora non si sono più avute notizie di ulteriori “semplificazioni”, ma da allora questa struttura innovativa sembra essersi dedicata a favorire l’informatizzazione di molte procedure. Finché si tratta di informatizzare alcune procedure interne alla macchina burocratica il proposito appare senz’altro lodevole, anche se si rileva che non solo le procedure non sembrano essere sempre efficienti, ma addirittura troppo spesso si deve constatare che i programmi  di uffici fra loro complementari non sono in grado di dialogare fra loro. A titolo di curiosità si può anche citare il fatto che, in un periodo di particolare entusiasmo per l’informatica, tutta la documentazione dell’attività delle Camere è sotto forma cartacea, con grande dispendio di tempo e di quattrini.
Tuttavia il processo di informatizzazione delle procedure mostra tutti i suoi limiti e le sue illogicità quando tocca direttamente il cittadino. Alcune operazioni necessarie oggi debbono essere svolte unicamente per via informatica: iscrizioni scolastiche, procedure con gli enti previdenziali, soprattutto le pensioni, eccetera. Non si tiene in alcun conto il fatto che non tutti i cittadini posseggono dei computer e comunque non tutti sono in grado di padroneggiare le complesse procedure previste.
A titolo di esempio, per ottenere informazioni dall’INPS in merito alle pensioni (e di solito i pensionati sono persone anziane, attive in periodi preinformatica) si devono affrontare procedure che devono essere state ideate da esperti di enigmistica, ed in genere non si riesce ad ottenere alcuna risposta a quanto si chiede.
A ben vedere si ha l’impressione che non ci sia alcuna reale intenzione di semplificare tutto l’apparato normativo e quindi la vita degli italiani. Troppi interessi verrebbero lesi da una vera razionalizzazione delle procedure burocratiche e del sistema stesso e dalla semplificazione della vita dei cittadini: come si giustificherebbe la pletorica abbondanza dei dipendenti pubblici senza i bizantinismi delle procedure e degli adempimenti richiesti ai cittadini contribuenti? E come sarebbero possibili certe interpretazioni cavillose quando non capziose delle leggi da parte di avvocati e, ciò che è peggio, da parte della magistratura?
Forse sarebbe il caso, prima di procedere in questo tipo di semplificazione, che si procedesse a semplificare la mentalità di chi provvede ad emanare norme a getto continuo. Ma c’è poco da sperare in questo senso…
 Il Bertoldo



Nessun commento: