20 giugno 2013

La solita fissazione

La Corte dei Conti, attraverso dichiarazioni fatte in Parlamento, ha affermato una cosa assai importante. Mentre il livello della pressione fiscale viene indicato ufficialmente nel 44% del PIL, se si depura il PIL della quota di presunta evasione che vi è inclusa, la pressione effettiva su chi le tasse le paga regolarmente si attesta al 53%, una quota che la stessa Corte dei Conti considera del tutto incompatibile  con qualsiasi forma di sviluppo (i cittadini se ne erano accorti già da parecchio tempo, ma sempre meglio tardi che mai…).
Nel corso della stessa audizione è stata poi recitata la solita geremiade nei confronti dell’evasione fiscale, causa di tutti i mali del nostro infelice paese. E’ anche stato citato il dato sull’evasione IVA, stimata in circa 40 miliardi annui: il livello di evasione di questa imposta è nelle regioni meridionali circa il doppio di quello delle regioni settentrionali. Dato che l’evasione totale è stimata ad un importo molto superiore, c’è da dedurne che si evade molto di più sulle imposte sul reddito che non sull’IVA.
Non c’è dubbio che evadere le imposte costituisce un comportamento deplorevole che in sostanza potrebbe danneggiare i cittadini onesti e che quindi va condannato. Ma c’è un MA piuttosto importante in tutte queste dichiarazioni contro l’evasione fiscale, sempre presentata dal governo, dalla classe politica, dalla burocrazia come la vera causa dei problemi che affliggono l’Italia. Si forniscono cifre, che c’è da ritenere che siano determinate abbastanza a vanvera, per suggerire al volgo che, se non ci fosse questa forma di criminalità, ci sarebbero, ed in abbondanza, i mezzi per abolire l’IMU, diminuire l’IVA, aumentare le pensioni, pagare i fornitori della pubblica amministrazione: insomma potremmo vivere nel paese di Bengodi.
Tutto questa insistenza sul fenomeno dell’evasione, che, in misura maggiore o minore esiste in tutti i paesi del mondo, cela in realtà due tendenze fisse che caratterizzano da sempre la nostra classe politica. Da un lato scaricare le responsabilità proprie di chi ha causato il dissesto nazionale sugli evasori, in tal modo evitando di criticare se stessa. Dall’altro cela la riluttanza, dimostrata anche con il decreto FARE, a tagliare gli eccessivi costi dell’apparato pubblico: si suggerisce l’idea che se non ci fossero gli evasori non ci sarebbe necessità di tagliare nulla. I tagli danneggerebbero infatti quelli stessi che sono chiamati a deciderli.
E nell’attuale situazione nulla è più falso della ben nota litania “pagare tutti per pagare meno”. Quando mai nella nostra storia si è visto che di fronte ad un incremento del gettito si sono diminuite le imposte? Più soldi disponibili hanno sempre significato una finanza ancor più allegra, maggiori parassitismi, più corruzione e sprechi incontrollati e nient’altro.


Il Bertoldo

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