Svariati anni fa, grazie alla cultura “buonista” dei soliti progressisti, venne di moda il linguaggio “politicamente corretto”. Si trattava, in estrema sintesi, di cambiare nome a certe situazioni o attività, ritenendo che il loro nome usuale fosse in qualche modo offensivo. Fu così che gli spazzini divennero “operatori ecologici”, le prostitute divennero “escort”, gli infermieri “paramedici” e gli handicappati divennero “diversamente abili”. Naturalmente il cambiamento del nome non mutò per niente le situazioni. Gli operatori ecologici continuarono ad occuparsi di rifiuti, le prostitute continuarono ad esercitare il loro millenario mestiere e gli handicappati non ebbero alcun sollievo dal nuovo nome appiccicato loro.
In occasione delle scorse elezioni politiche, nel 2008, tutta la campagna elettorale del centro destra fu centrata su pochi slogan come abolire le provincie, razionalizzare l’organizzazione dello stato, fare le riforme (quali non fu precisato), ma soprattutto alleggerire la pressione fiscale: “non metteremo mai più le mani nelle tasche degli italiani con nuove tasse”. Infatti, a seguito della necessità di spremere altro denaro dai cittadini, venne in soccorso il linguaggio “politicamente corretto”; di conseguenza le nuove tasse sono state definite “contributo di solidarietà” e quindi gli autori dell’ennesima estorsione possono a buon titolo ritenere di non essere venuti meno alle solenni promesse a suo tempo fatte: niente nuove tasse, solo contributi e per di più “solidali”.
Ma sembra che il rimedio linguistico sia peggiore del male. Tutti gli italiani ed in particolare coloro che saranno obbligati alla “solidarietà” si domandano: verso chi dobbiamo essere solidali? Verso coloro che, molto spesso rubando – pardon, accettando dazioni di denaro -, sono i responsabili del disastro finanziario in cui ci troviamo? Oppure verso gli innumerevoli finti invalidi titolari di pensioni? O ancora verso i diecimila forestali calabresi od i ventimila dipendenti regionali siculi? E perché dovremmo essere solidali verso i partiti che ci hanno portato alla rovina e non rinunciano neppure in parte ai cosiddetti “rimborsi elettorali”, termine politicamente corretto per indicare il finanziamento pubblico ai partiti, espressamente vietato, a furor di popolo, mediante un apposito referendum?
Ci occuperemo in altra occasione di un’analisi un po’ più approfondita dell’ultima manovra che dovrebbe assicurare il pareggio del bilancio, per commentare gli imbrogli perpetrati a carico di chi veramente lavora e produce per tenere in piedi la nostra traballante baracca, e che è rimasto profondamente deluso da una classe politica, di destra, di sinistra e di centro, che ha coscientemente ingannato i propri elettori ed ha dimostrato la più totale incapacità non solo di prevedere gli avvenimenti, ma addirittura di essere sì in grado (come promesso) di “fare”, ma solo danni.
Il Bertoldo
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