29 agosto 2011

Progressivita'

Un noto economista, il prof. Antonio Martino, ex ministro ed aderente al PDL ha recentemente dichiarato in maniera forte di non essere affatto d’accordo con la politica economica del governo e soprattutto con la cosiddetta manovra, tanto controversa che non si capisce ancora in cosa consista. Egli da sempre professa idee liberali, contrarie all’esagerata ed invadente presenza dello stato nella vita dei cittadini e quindi auspica una profonda revisione dei compiti pubblici e come conseguenza una importante riduzione del prelievo fiscale che lasci più risorse nelle mani dei cittadini. Ritiene che un prelievo fiscale che superi un terzo del PIL porta come conseguenza un rallentamento sempre più accentuato dello sviluppo. Come obbiettivo finale egli propone un sistema fiscale basato su una unica aliquota sui redditi, la “flat tax”.
I suoi critici obiettano che una simile ipotesi sarebbe contraria al dettato costituzionale e quindi da scartare senza esitazioni perché del tutto inammissibile. Cerchiamo di capire come stanno in realtà le cose.
L’articolo 53 della Costituzione recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Se volessimo concederci una battutaccia diremmo che è molto male informato. Vediamo perché.
Nel 2010 il prelievo fiscale in Italia è stato pari al 44% circa del PIL. Dato però che nel calcolo del PIL, come abbiamo più volte spiegato, è compresa una quota di circa il 20% di presunto sommerso, se ne ricava che il prelievo su chi le tasse le paga supera il 50%. D’altra parte è pure noto che le spese del settore pubblico superano esse pure il 50% del PIL.
Le imposte dirette hanno rappresentato il 14,6% del PIL, ciò che starebbe ad indicare che le imposte indirette rappresentano circa il 30% del PIL, ossia i due terzi del prelievo statale. Dobbiamo però non dimenticare che le imposte dirette sono composte dai prelievi che gravano sui redditi delle persone fisiche o giuridiche. Fra le imposte dirette solo quelle sui redditi delle persone fisiche hanno carattere progressivo, ossia le loro aliquote crescono col crescere del livello dei redditi; tutte le altre imposte dirette (imposte sui redditi d’impresa, imposte sui proventi finanziari, IRAP, eccetera) sono proporzionali, ossia non progressive. Peraltro è superfluo notare che le imposte indirette (IVA, imposte catastali, ICI, accise e quant’altro) non hanno e non possono del resto avere carattere progressivo.
Da tutte queste constatazioni consegue che il dettato costituzionale si applica si e no al 10% del PIL. Possiamo quindi trarre solo due conclusioni. O il legislatore, di qualunque colore esso sia, si è sempre ben guardato dall’attenersi alle norme della Costituzione, senza che la Suprema Corte Costituzionale, rigida custode della legalità, sia mai intervenuta, dimostrando in tal modo che la norma può non essere rispettata od è inapplicabile. Oppure che la disposizione costituzionale citata è una solenne sciocchezza, dovuta alle ubbie dei cosiddetti “progressisti”, che hanno evidentemente confuso la progressività con il progressismo.
Noi propendiamo per la seconda ipotesi, e ci auguriamo che, in nome della decenza, la norma sia prima o poi rimossa da questo testo ritenuto da tutti “sacro”.
Il Bertoldo

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