Giorni fa, nel corso di un
dibattito televisivo (“talk show”,
spettacolo di chiacchiere per la gente à la page) un neo deputato PD,
giovane, belloccio e molto presenzialista, uno di quelli che dovrebbe
rappresentare il “nuovo”nella politica italiana, ha solennemente affermato che
nel nostro paese occorrono più uguaglianza e più meritocrazia: solo così sarà
possibile uscire dalle nebbie di una gestione pluridecennale del tutto
fallimentare.
C’è da rallegrarsi che un
dotato giovane rappresentante del popolo abbia idee così precise, anche se
forse un po’ più di coerenza non sarebbe stata di troppo. Vediamo infatti cosa
vogliono dire queste due espressioni.
Per quanto riguarda
l’uguaglianza ci sono tre interpretazioni possibili. La prima si riferisce a
quanto stabilisce la Costituzione: “Tutti i cittadini sono uguali di fronte
alla legge”. Ciò non sempre è vero, ma in generale il principio è chiaro e
definito molto bene.
Una seconda interpretazione
riguarda l’uguaglianza dei punti di partenza, principio liberale per
eccellenza. E’ anche il principio che presiede a tutti gli sport e che meglio
di tutto è rappresentato nelle gare atletiche di velocità: tutti partono dallo
stesso punto, e vince chi è più veloce, più in forma o più dotato. E qui vediamo
anche applicato il principio meritocratico.
C’è infine una terza
interpretazione, molto cara ai praticanti delle idee di sinistra, e
naturalmente a tutti coloro che o non hanno alcuna qualità, o non hanno voglia
né capacità di darsi da fare, ma vogliono comunque ottenere (ottenere, si badi
bene, non conquistarsi) una gradevole sistemazione nella vita. E’ il principio
della uguaglianza dei punti d’arrivo. Sarebbe come se, in base a questa discutibile interpretazione
dell’uguaglianza, tutti i film ottenessero
l’Oscar, tutti gli studiosi ottenessero il Premio Nobel e tutti i partecipanti
ad una gara arrivassero primi.
Da quanto si è detto appare
dunque evidente che l’uguaglianza dei punti d’arrivo è assolutamente
contraddittoria rispetto al concetto di meritocrazia. Chi sarebbe più disposto
a darsi da fare, a spremere le proprie capacità se poi alla fine sarebbe
semplicemente equiparato ai pigri, ai meno dotati, ai fannulloni? Non sembra
che l’applicazione di un criterio di uguaglianza di questo genere possa
costituire un valido motivo per il progresso della società.
Se il ricordato
parlamentare ha escogitato una ricetta miracolosa che consenta di avere una
società al tempo stesso egualitaria nel senso di parità dei punti di arrivo e
meritocratica sarebbe certamente degno del Premio Nobel, addirittura in varie
specialità: per lo meno la pace e l’economia.
Il Bertoldo