30 aprile 2013

Speranze


A circa due mesi dalle elezioni ed a circa un anno e mezzo dall’uscita di scena dell’ultimo governo rappresentativo di una maggioranza politica, oggi finalmente si è costituito ed ha prestato giuramento un governo espressione delle forze politiche che hanno ottenuto l’avallo della volontà popolare.
Questo nuovo governo, guidato com’è noto dall’onorevole Enrico Letta, segretario reggente del Partito Democratico dopo le dimissioni del segretario Bersani, può vantare un certo numero di novità e primati rispetto a tutti i governi repubblicani che l’hanno preceduto.
Innanzi tutto  è il primo governo dal 1947, sessantasei anni fa, che veda assieme esponenti di due schieramenti da sempre fieramente avversi: centrosinistra e centrodestra, espressioni di ideologie antitetiche (almeno a parole). Dobbiamo poi ricordare che l’età media dei ministri è probabilmente la più bassa mai registrata nella storia della Repubblica: 52 anni. Per la prima volta un terzo dei ministri è costituito da donne; per la prima volta abbiamo un ministro di etnia africana e naturalizzato italiano. E per la prima volta un governo della Repubblica, costituito per la maggior parte da rappresentanti dei partiti presenti in Parlamento, non contiene i soliti noti, pezzi da novanta della politica.
Se questo rappresenti un inizio di rinnovamento della classe politica e dei suoi deplorevoli comportamenti è tutto da vedere: francamente per ora c’è solo da sperarlo. Ma naturalmente non basta avere un governo costituito in buona parte da persone più giovani di quelle cui eravamo abituati, né è sufficiente che per la maggior parte si tratti di volti nuovi. Quello che interessa soprattutto è di vedere cosa questo nuovo governo sarà in grado di fare.
Domani inizierà l’iter per la fiducia delle Camere, con i consueti discorsi programmatici del nuovo Presidente del Consiglio. Sentiremo quali saranno i suoi programmi, ma l’importante verrà dopo. L’Italia sta attraversando la crisi sociale ed economica più grave degli ultimi decenni ed ha bisogno di un impegno estremo per ripartire, sia sul piano delle politiche economiche e finanziarie interne sia in relazione alla nostra appartenenza all’Europa e ad una zona monetaria particolare.
Ci auguriamo che fra le proposte del nuovo governo non figurino le solite manfrine sul conflitto d’interessi, la lotta all’evasione ed alla corruzione (esiste già una miriade di leggi in proposito, basta applicarle), la istituzione dello jus soli, le unioni e le adozioni omosessuali, le finte socialità e solidarietà, le stucchevoli richieste di riforme mai precisate e soprattutto mai realizzate, e simili. Abbiamo bisogno di far ripartire l’economia che da uno stato di estrema difficoltà precedente è stata definitivamente ed insulsamente compromessa da un governo di cosiddetti “tecnici” che sembra aver profuso tutti i propri sforzi per rendere cronica una malattia già grave di per sé.
Non si può continuare a prelevare senza freni larga parte di quanto il paese produce, senza mai immettere nell’economia nessuna liquidità e senza che lo stato, rigido quando si tratta di far valere i propri diritti, rispetti minimamente non solo le leggi da esso stesso emanate, ma neppure mostri la minima decenza nei confronti dei diritti dei cittadini.
Vedremo se questo governo, che presenta tanti aspetti nuovi, saprà essere innovatore anche nelle sue azioni e nei suoi comportamenti, e se il Parlamento lo sosterrà in una vera e propria azione rinnovatrice, anche con provvedimenti sostanzialmente impopolari, e non solo ricorrendo alle tasche, ormai vuote, dei cittadini.
 Il Bertoldo

29 aprile 2013

25 aprile 2013

Capire


In occasione del suo re-insediamento il Presidente Giorgio Napolitano ha tenuto il previsto discorso d’inaugurazione del suo nuovo settennato. E’ stato un discorso molto deciso, di forte critica agli inconcludenti vaneggiamenti dei politici, al ventennio perso in inutili diatribe che hanno trasformato gli avversari in orribili nemici, da evitare ad ogni costo, atteggiamento che ha finito per degradare ad odio insensato la vita democratica. Ha avuto parole molto dure anche nei confronti dei cosiddetti “grillini”, che vorrebbero sostituire la rete e addirittura la piazza alle democratiche espressioni della volontà popolare. Non ha esitato a dichiarare che ove non si verificasse un ripensamento e si dovesse assistere nuovamente all’indecente spettacolo degli ultimi due mesi non esiterebbe a “trarre le sue conclusioni davanti al popolo italiano”.
Il discorso è stato molto applaudito dall’assemblea, con l’esclusione dei rappresentanti del Movimento 5 Stelle, che sono rimasti inerti ed impassibili: evidentemente hanno voluto esprimere il loro profondo disprezzo per l’aula “sorda e grigia”, in ossequio ai diktat del capataz. Molto applaudito, si diceva, ma anche totalmente incompreso.
Lo si è visto negli innumerevoli dibattiti televisivi (“talk shows” per gli intellettuali più esigenti ed à la page): si ha la netta impressione che i politici presenti non si siano affatto resi conto dei problemi veri che affliggono l’Italia e di cosa significhi collaborare fra diversi per realizzare quei provvedimenti urgenti ed assolutamente necessari che i cittadini (tutti, non solo i parlamentari 5 Stelle) attendono con impazienza.
Berlusconi si è detto pronto a sostenere un governo di coalizione, purché nel suo programma siano inseriti gli otto punti del programma PDL, in particolare l’abolizione dell’IMU. Il PD, più o meno, è sulle stesse posizioni: il programma del nuovo governo deve contenere i punti qualificanti del programma elettorale PD, in particolare la legge sul conflitto di interessi (assolutamente fondamentale per avviare una solida ripresa).
Nessuno dei due partners chiamati a collaborare per far uscire il paese dalla grave crisi che lo colpisce ha capito una cosa fondamentale: se nessuno dei due schieramenti ha ottenuto la maggioranza ciò non può significare altro che il rifiuto di ciascuna delle due proposte da parte della maggioranza degli italiani. Quindi esiste una sola strada per un governo decente ed almeno parzialmente efficiente: redigere un nuovo programma che contenga punti non controversi e soprattutto urgenti. Non però una semplice elencazione delle cose da fare, ma soprattutto una chiara indicazione di come si pensa di realizzarle: insomma non solo cosa, ma come si intende fare per salvare il paese dal disastro in cui è precipitato.
E c’è da sperare che nel nuovo governo, se si riuscirà a farlo, non abbia troppa voce in capitolo il Professore Capitan Schettino della politica, che a forza di “inchini” alla signora Cancelliera ha fatto naufragare la nave, non senza essersi messo in salvo sulla scialuppa di senatore a vita.
 Il Bertoldo

22 aprile 2013

Terminologia


Grazie al ricorso all”usato sicuro” è finalmente terminata la tragicommedia (o meglio sarebbe definirla farsa?) dell’elezione del Presidente della Repubblica, con tutti i suoi improbabili protagonisti, le interminabili sbrodolate televisive, le insulse dichiarazioni di molti comprimari di qualunque colore. Potremo finalmente tornare ad avere notizie dettagliate sui molti delitti che quotidianamente si compiono nel nostro paese, sulle corruzioni, sulle malversazioni, sulle inefficienze, insomma, sulla normale vita degli italiani.
Tuttavia dobbiamo riconoscere che in questa occasione abbiamo avuto modo di approfondire le nostre conoscenze linguistiche, ed abbiamo potuto apprendere le raffinatezze della nuova terminologia politica.
Per esempio siamo stati informati che se i voti del PD convergevano sulle scelte del Movimento 5 Stelle, si trattava di una “condivisione”. Se invece gli stessi voti del PD coincidevano con quelli del PDL allora si trattava di un “inciucio” (intrallazzo, accordo sottobanco e poco chiaro in danno di altri).
Ma ben altri esempi si possono fare. Gli eletti al Parlamento del Movimento 5 Stelle hanno orrore delle definizioni “onorevole” o “senatore”, essi vogliono essere chiamati “cittadini”. Ciò consente loro di giocare sull’equivoco: ogni volta che viene presa qualche decisione o si fa un’affermazione che essi (o meglio il loro capo e guida Grillo) non condividono, si affrettano a dichiarare che i cittadini non sono d’accordo. Ciò non significa che la cosa non piace a sessanta milioni di italiani, ma che non è gradita a loro stessi ed a qualche migliaio di loro seguaci.
Un’altra scoperta l’abbiamo fatta in questa occasione. Se il Parlamento od una cospicua parte di esso si allinea alle posizioni ed alle scelte del “Jefe supremo” Beppe Grillo, abbiamo una evidente dimostrazione di democrazia, cui i “cittadini” tengono moltissimo. Se invece la maggioranza del Parlamento decide di votare in modo difforme dalle istruzioni dei 5 Stelle, allora si tratta evidentemente di un “golpe”, cui ci si deve opporre con una “marcia su Roma” (l’espressione ci ricorda qualcosa…).
Abbiamo visto nuovamente il fenomeno dei cosiddetti “franchi tiratori” - che in questa occasione sono stati definiti “traditori” - ossia di coloro che votano in modo diverso da quanto i capi del partito hanno deciso. Anche in questo caso va ricordato che gli eletti al Parlamento, per disposizione costituzionale, non hanno alcun vincolo di mandato. Evidentemente si considera che la volontà del partito sia più importante di quella degli elettori: questa si può trascurare, l’altra no. Del resto già Guareschi, molti decenni fa, aveva dichiarato: Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no.
Infine abbiamo potuto apprendere un nuovo significato delle parole “rinnovamento”, “cambiamento” e “giovani”. In genere questi termini sono stati usati per indicare personaggi sulla scena politica da svariati decenni, spesso piuttosto avanti negli anni, e che nella loro lunga carriera politica si sono ben guardati dal promuovere quelle “riforme” che oggi dichiarano essere sempre state la loro stella polare.
E la farsa continua (con la ricerca del prossimo Presidente del Consiglio)…

Il Bertoldo

20 aprile 2013

Coerenza


Tutto si può dire del segretario del PD, onorevole Pier Luigi Bersani, ma non certo che non sia rigidamente e coerentemente legato ad una sua originale linea di condotta: quella di non vincere, mai.
Si è presentato alle elezioni come leader della coalizione di sinistra e, com’è ben noto, è riuscito nello straordinario exploit di arrivare primo senza peraltro vincere. Come leader della coalizione arrivata prima godeva del diritto di aspirare ad essere il prossimo Presidente del Consiglio. Ottenne infatti un incarico esplorativo dal Presidente Giorgio Napolitano ed in questa veste fece tutto il possibile per mantenersi ligio alla propria strategia.
Come primo passo prese ripetuti contatti con il Movimento Cinque Stelle, il cui motto era “mai con i vecchi arnesi della politica e con i partiti-zombie”, nella evidente speranza che questi suoi tentativi finissero in una “non vittoria”. Di fronte allo stallo evidente della situazione il tradizionale avversario del PD, il PDL, si offerse di partecipare ad un “governissimo” guidato dallo stesso Bersani che mettesse mano ad un certo numero di urgenti provvedimenti condivisi, fra cui una radicale riforma della legge elettorale, per poi indire nuove elezioni.
Di fronte alla prospettiva di realizzare il sogno di diventare finalmente Presidente del Consiglio, sia pur precario, il nostro inorridì: rifiutò la mano tesa in modo da riuscire anche questa volta a “non vincere”.
Comunque, dopo oltre cinquanta giorni di melina post elettorale, giunse il momento di eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, operazione per la quale era richiesta un’ampia maggioranza: “la nomina deve essere condivisa, perché dobbiamo eleggere il presidente di tutti gli italiani” dissero tutti. In qualità di primo alle elezioni (sebbene non vittorioso) spettò a lui fare dei nomi da sottoporre ai “grandi elettori”.
Ottenuto il consenso del PDL sul nome di Marini, che al primo scrutinio ottenne abbastanza voti per essere sicuro del successo alla quarta votazione, inorridito ad una simile prospettiva, decise, proprio in occasione della quarta votazione, di cambiare cavallo, puntando sull’on. Romano Prodi, per essere sicuro di uscirne “non vincitore”, cosa che regolarmente è avvenuta.
Come si vede, la sua linea della “non vittoria” è stata sempre seguita con costanza e rigore. Una sola volta il Nostro vi si sottrasse, quando partecipò e vinse alle primarie del suo partito. Ma si trattò evidentemente di uno strappo conseguente ad un astutissimo ragionamento: come avrebbe infatti potuto collezionare tante “non vittorie” se fosse stato bocciato alle primarie? La sua lungimiranza ha vinto (?).

Il Bertoldo

19 aprile 2013

Euro: Si o No?

Tutti sappiamo che la campagna elettorale dura ormai da circa sei mesi. Le elezioni si sono svolte a tempo debito e nessuno ha vinto, il sistema bipolare si è trasformato in un sistema tripolare, con tre forze più o meno equivalenti come peso elettorale. La cosa non sarebbe particolarmente grave se, al momento di cercare una via per costituire un governo, che in quelle condizioni non poteva essere che di coalizione, si è verificata una situazione che, se non fosse tragica per le condizioni in cui versa il paese, potrebbe definirsi comica.

Il centrosinistra secondo il suo leader, il democratico Pierluigi Bersani, vorrebbe un’alleanza con il Movimento Cinque Stelle, che però ha detto subito e perentoriamente di no, come del resto era giusto e normale, dato che esso ha come scopo sociale il rifiuto e l’eliminazione della casta dei vecchi partiti. Il centrodestra si è dichiarato pronto a collaborare col centro sinistra per la realizzazione di alcuni punti programmatici condivisi ed urgenti. Bersani ha ripetutamente risposto no, malgrado alcuni esponenti del suo partito si siano dichiarati pronti ad esaminare ed approfondire la proposta.

Quindi, dopo oltre un mese e mezzo dalle elezioni, il paese continua a vivacchiare, molto male, senza un governo ed in definitiva è già in corso la campagna elettorale in vista di una nuova consultazione che molti ritengono ormai inevitabile. La cosa che stupisce è che molti punti programmatici – peraltro decisamente sulle generali – sembrano essere gli stessi per tutti gli schieramenti: il lavoro, le tasse, lo sviluppo, i giovani, le donne, le lentezze della burocrazia e della magistratura, la riduzione dei costi della politica e simili, senza peraltro che si intraveda alcuna metodologia comune. Su un punto esistono però ampie divergenze persino all’interno dei singoli schieramenti: l’Italia deve restare nell’euro o deve uscirne al più presto?

Senza voler apparire presuntuosi, ci sembra opportuno svolgere alcune considerazioni sull’argomento, non da specialisti, senza complicati algoritmi, ma rifacendoci semplicemente al buon senso e ricordando un po’ la storia di questa tanto innovativa invenzione, l’euro.
L’idea di creare una moneta unica europea fu inclusa nel 1992 nel Trattato di Maastricht, che fissava anche i criteri per parteciparvi. Tali criteri di convergenza erano:

- Rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3%.
- Rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60% (Belgio e Italia furono esentati).
- Tasso d'inflazione non superiore dell'1,5% rispetto a quello dei tre Paesi più virtuosi.
- Tasso d'interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi.
- Permanenza negli ultimi anni nello SME senza fluttuazioni della moneta nazionale

 Nel 1999 venne creata la Banca Centrale Europea, e la nuova moneta, l’euro, entrò in circolazione il 1° gennaio 2001 nei dodici paesi inizialmente aderenti, che in seguito crebbero fino a diciassette. Già più volte abbiamo rilevato come l’istituzione di una moneta unica per un insieme di paesi diversissimi tra loro, per dimensione, sviluppo economico, legislazione fiscale e sociale, non sia stata adeguatamente preparata e quindi, a conti fatti, si rivelò un fattore di problemi gravissimi e di crisi.

Tuttavia non si può non rilevare che i criteri fissati dal Trattato non sono mai stati osservati. Basti dire che attualmente il debito pubblico ufficiale della virtuosa Germania supera l’80% del PIL, pur escludendo furbescamente alcune voci che lo farebbero crescere fino a circa il 100%. Non solo nessun provvedimento venne mai preso per far rispettare anche al colosso tedesco le regole liberamente sottoscritte, ma la stessa Germania si atteggia a maestra che bacchetta gli allievi discoli.

Di fronte alla crisi che dal 2008 ha colpito tutto il mondo, ed alla spericolata ed esagerata speculazione finanziaria, del tutto non regolamentata, che si è scatenata, ci si è preoccupati e si è cercato un rimedio nel “rigore”, ovviamente applicato ai cittadini e non ai governi, che hanno continuato nella politica della spesa facile. Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto debito/PIL era del 105% nel 1992, anno del Trattato, salì al 113,1% nel 1999, anno della creazione della BCE, ed è giunto al 127% a fine 2012.

E’ chiaro che nessun provvedimento di riduzione dell’esorbitante spesa pubblica venne mai preso dai governi italiani che si sono succeduti in quel ventennio (Amato, Ciampi, Dini, Prodi, Berlusconi, D’Alema, Monti), ma si cercò di frenare l’aumento del rapporto debito/PIL, anche conseguente ad un ristagno del PIL, agendo solo sul fronte del prelievo fiscale, ottimo strumento per frenare ed al limite far regredire l’economia. Attualmente il debito pubblico italiano supera i duemila miliardi di euro, con tendenza a crescere.

Ed ora veniamo all’ipotesi di una uscita dell’Italia dall’euro. Chi la sostiene lamenta il fatto che la BCE non agisce in realtà come le banche centrali degli altri paesi, in quanto non assolve il compito di prestatore di ultima istanza. Ciò sembra indicare il desiderio di poter continuare nella politica tradizionale: spese illimitate, finanziate dall’emissione di nuova moneta, conseguente inflazione, ed infine svalutazione ufficiale per rimettere le cose a posto. In sintesi, la continuazione della sciagurata politica di aumento incontrollato della spesa per discutibili motivi clientelari (possiamo parlare di conflitto di interessi?), corruzione, e simili ignominie per poi svalutare il proprio debito, a scapito degli ingenui che lo hanno sottoscritto.

Se l’Italia – o qualunque altro paese – decidesse di uscire definitivamente dalla moneta unica occorrerebbe evidentemente definire la nuova unità monetaria (una “nuova lira”?), la sua parità con l’euro (supponiamo inizialmente 1 lira = 1 euro), predisporre le nuove monete: diciamo circa un anno di tempo. Dato che i mercati e gli investitori non sono completamente stupidi, essi comprenderebbero immediatamente che la mossa avrebbe come unico scopo quello di continuare il vecchio giochetto: inflazione, svalutazione.

Come si pensa che potrebbe evolvere la situazione? Verosimilmente non solo non si troverebbero più sottoscrittori per le nuove emissioni, se non a tassi esagerati, ma probabilmente chi ne è in possesso cercherebbe in tutti i modi di disfarsi del titoli italiani, con conseguente aumento incontrollabile dei tassi (e dello spread, tanto caro ad alcuni) e diminuzione conseguente del valore di mercato dei titoli stessi. Quindi non resterebbe altra scelta che finanziare le necessità dello Stato, molto aumentate anche per il crescente peso degli interessi e per la necessità di alleggerire il carico fiscale per rilanciare la crescita,, con la stampa di moneta, con conseguente inflazione e successiva inevitabile svalutazione della lira.

A questo punto due sarebbero le strade. O mantenere l’impegno di rimborsare il debito in euro, con un evidente aumento del suo valore reale pari al tasso di svalutazione, oppure rimborsare in lire svalutate, derubando gli investitori di una quota corrispondente al tasso di svalutazione ufficiale della lira. Sarebbe un’operazione onesta, saggia e conveniente? A noi non sembra.

Se si accettano queste conclusioni non resta che rassegnarci a restare nell’euro, pur con tutti i suoi difetti, e cercare di raddrizzare la situazione e risolvere i nostri problemi applicando finalmente alle gestione della cosa pubblica quei criteri di onestà che sono stati finora espressi solo a parole e mai messi in pratica e rispettando le regole liberamente sottoscritte.

Innanzitutto riduzione drastica della spesa pubblica – in primo luogo gli ingiustificati e tanto deprecati costi della politica – cercando di allineare i nostri parametri a quelli europei: eccessivi organici nella burocrazia (per esempio i diecimila forestali in Calabria), nella scuola, eccetera. Adottare misure di rigido controllo del valore degli acquisti pubblici, degli investimenti, delle inesplicabili lungaggini delle procedure amministrative, burocratiche e giudiziarie, sfoltimento della sterminata massa di leggi, regolamenti e simili che bloccano qualsiasi iniziativa e consentono stravaganti, troppo macchinose e spesso arbitrarie decisioni e procedure in ogni materia. Ed infine cercare una soluzione per realizzare finalmente la privatizzazione (non solo a favore dei soliti amici) di almeno una parte dell’immenso patrimonio pubblico, statale, regionale e degli enti locali.

Crediamo che se si cercasse veramente di colpire quello che abbiamo definito “conflitto di interessi” nel settore pubblico e non solo utilizzare il concetto per colpire un avversario politico, una buona parte dei problemi che ci affliggono potrebbe essere avviata a soluzione, godendo finalmente dei vantaggi di appartenere ad un’area monetaria unificata anziché ricavarne soltanto danni e sottosviluppo.
Il Bertoldo

Il grande oratore



Loro hanno un leader e noi abbiamo Bersani, Napolitano, Crimi....
Ma vi rendete conto della gentaglia che ci governa o no?

Conte Mascetti for President



Antani, come se fosse Antani, anche per il Presidente, la supercazzola con scappellamento!

Grillo al gran lasco verso il ridicolo ed oltre...



Sempre piu' lunatico il Coluche de noiantri...
Che mona....



15 aprile 2013

Saggezza



A voler proprio essere sinceri dobbiamo riconoscere che nell’ultimo periodo del suo settennato il Presidente Giorgio Napoletano non ne ha combinata una giusta.
Un anno e mezzo fa, spaventato dalle reazioni internazionali per la situazione economica e finanziaria italiana, convinse Silvio Berlusconi a lasciare il proprio incarico di Presidente del Consiglio e decise di affidare l’ultimo scorcio di legislatura ad un governo che fu definito “tecnico”. Guidato dall’eminente professore Mario Monti, presidente dell’Università Bocconi di Milano, e ritenuto persona di grande prestigio internazionale, il governo fu composto da docenti universitari, alti funzionari statali, professionisti di successo.
In poco più di un anno questa compagine fece più danni di uno tsunami. Chiamato a sistemare i conti pubblici e a reinnescare lo sviluppo dell’economia, riuscì ad aumentare il debito pubblico di circa 130 miliardi di euro, non ottenne alcun miglioramento del disavanzo, dovette registrare un aumento vertiginoso della disoccupazione, dei fallimenti, del prelievo fiscale, ed una diminuzione del 2,5% del PIL. Senza parlare della totale mancanza di prestigio in campo internazionale, come ha ampiamente dimostrato la vicenda dei due marò che non ha ottenuto alcun appoggio da parte dei nostri partner europei e non.
Abbandonato il sostegno a questo governo incompetente, pasticcione e troppo prono ai diktat dell’Europa e della Germania da parte del PdL, vennero indette, com’è noto, nuove elezioni che si conclusero con un nulla di fatto. Dopo un mese e mezzo di melina da parte del “non vincitore” delle elezioni, il Presidente Napolitano decise di affidare l’incarico di redigere un elenco dei problemi più urgenti, da sottoporre ai partiti, a due commissioni di “saggi”.
Dopo lunga e matura riflessione questi “saggi” hanno fatto conoscere il loro responso. Si tratta della più ridicola e banale elencazione di ciò di cui tutti i più modesti ed illetterati cittadini parlano da sempre: risolvere il problema del lavoro, dei giovani e delle donne, ridurre il prelievo fiscale, abolire l’IMU, la più odiata delle tasse, innescare la ripresa dell’economia, ridurre i costi della politica ed il numero dei parlamentari, senza peraltro ridurre o tantomeno diminuire il finanziamento pubblico ai partiti.
Se quelli scelti dal Presidente Napolitano sono i soli “tecnici” ed i soli “saggi” di cui dispone l’Italia c’è veramente da disperarsi. Vale sempre la vecchia massima oraziana “Parturient montes, nascetur ridiculus mus”. Ove Montes non è solo la traduzione del cognome del premier Monti, ma si riferisce anche e soprattutto al Presidente Napolitano.
 Il Bertoldo

12 aprile 2013

Rugby vs. calcio


(via Toscano Irriverente)

Poveri


E’ di oggi la notizia che il gestore di un condominio in attesa di essere occupato da eventuali acquirenti o locatari ha sorpreso di notte un individuo malintenzionato che, nella convinzione che si trattasse di un cantiere abbandonato, stava tentando di rubare cavi di rame. Dopo una colluttazione il ladro è stato bloccato ed i carabinieri, prontamente accorsi, lo hanno arrestato.
L’autore dell’arresto il giorno dopo ha voluto informarsi di chi fosse il ladro, ed ha saputo che si trattava di un giardiniere disoccupato, costretto a rubare perché l’unico mezzo di sussistenza di cui dispone è la pensione di parziale invalidità della moglie, che ammonta a meno di trecento euro mensili.
Un po’ impietosito ed un po’ per senso civico, ha creduto bene di scrivere una lettera al malfattore, deprecando il fatto, di cui ha cercato di spiegare l’assoluta inutilità anche per il suo autore, e proponendogli quindi di venire a casa sua per tenere in ordine il prato – ovviamente con una retribuzione – ed offrendo anche alla moglie o compagna di venire a riordinare e pulire, regolarmente retribuita, una cinquantina di appartamenti nuovi in attesa dei rispettivi proprietari. Inutile dire che il ladro, rilasciato dal giudice con l’obbligo della firma, ha immediatamente accettato.
Questo lodevole episodio, che fa certo onore al suo protagonista che ha voluto mostrare ad un poveraccio che non è danneggiando gli altri, ma con il lavoro che si possono risolvere i gravi problemi che affliggono oggi tanti cittadini per bene, ci fa ricordare che un simile comportamento potrebbe essere attuato anche dai nostri politici da sempre ritenuti cinici ed egoisti.
Fra i possibili candidati alla prossima Presidenza della Repubblica si vocifera che sia in buona posizione il professor Giuliano Amato, già per ben due volte Presidente del Consiglio e Ministro. Anche lui, in tempi ormai lontani, è stato sorpreso a mettere nottetempo e surrettiziamente le mani nelle tasche degli italiani, con un prelievo forzoso su tutti i conti correnti bancari. Naturalmente non solo non è mai stato arrestato, ma neppure sottoposto all’obbligo giornaliero della firma. Attualmente anche lui, come il povero giardiniere, è costretto a vivere con la modesta pensione di circa trentamila euro mensili (lordi, per carità!) senza alcuna certezza per il futuro.
Ed ecco che alcuni amici, per toglierlo dall’imbarazzo – e forse per insegnargli che con il lavoro si può ovviare a tutte le contrarietà, anche senza organizzare spedizioni notturne presso le banche - pensano di offrirgli quale occupazione che gli integri il modesto vitalizio, col quale comunque sembra che possa raggiungere anche la quarta settimana del mese,  la Presidenza della Repubblica. Onore che spetterebbe di diritto, secondo i suoi estimatori, a chi, dopo essere stato il delfino di Craxi,  non ha esitato a rinnegarlo e ad allearsi con chi l’aveva distrutto e condannato all’esilio.
Forse ha pensato che anche Pietro, che aveva rinnegato il suo Maestro, è poi diventato il capo della Chiesa.
 Il Bertoldo

Patatine Pom'Pin....

Tutto un programma....


Ignazio Marino: aspirante sindaco, moralista, e ladro.


"...Lei ha presentato la richiesta di rimborso di determinate spese sia all’UPMC di Pittsburgh sia alla sua filiale italiana. Di conseguenza è stata intrapresa una completa verifica sulle sue richieste di rimborso spese e sui nostri esborsi nei Suoi confronti. Tale verifica è attualmente in corso. Alla data di oggi, riteniamo di aver scoperto una serie di richieste di rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia all’UPMC e alla filiale italiana. Fra le altre irregolarità, abbiamo scoperto dozzine di originali duplicati di ricevute con note scritte da Lei a mano. Sebbene le ricevute siano per gli stessi enti, i nomi degli ospiti scritti a mano sulle ricevute presentate a Pittsburgh non sono gli stessi di quelli presentati all’UPMC Italia. Avendo sinora completato soltanto una revisione parziale dell’ultimo anno fiscale, l’UPMC ha scoperto circa 8 mila dollari in richieste doppie di rimborsi spese. Tutte le richieste di rimborso spese doppie, a parte le più recenti, sono state pagate sia dall’UPMC sia dalla filiale."

  L'articolo

09 aprile 2013



Originalita'



L’on. Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, ha recentemente riaffermato la sua convinzione che non si debba più usare il termine “clandestini” per indicare tutti quegli stranieri che, per terra e per mare, giungono nel nostro paese senza alcun titolo legale per soggiornarvi. Con grande rispetto per l’autonomia della stampa e per l’indipendenza degli organi di informazione il direttore dell’ANSA si è affrettato a fare suo l’invito dell’on. Boldrini, ed ha vietato l’uso del termine in tutti i comunicati dell’agenzia.
Nell’esporre il proprio parere, il Presidente della Camera – rappresentante, per età e per formazione, il “nuovo” – non ha precisato come secondo lei dovrebbero essere definite queste persone che violano la legge, buona o cattiva che essa sia. Forse, ispirandosi all’uso dilagante di cambiare le definizioni di molte condizioni lavorative e non (gli spazzini sono diventati operatori ecologici, anche quando lasciano ammonticchiarsi le spazzature per le strade, gli infermieri sono diventati paramedici, i bidelli sono ormai chiamati collaboratori scolastici, e così via) riuscirà ad inventare qualche originale termine. Per esempio visitatori permanenti, immigranti autogestiti, collaboratori auspicati, o simili cretinerie.

o   o   o   o

Uno dei Saggi nominati dal Presidente Napolitano per trovare una via di uscita dal grave impasse politico in cui si trova il paese, il professor Valerio Onida, già Presidente della Corte Costituzionale, rispondendo poco saggiamente ad una conversazione “privata” fasulla, ha chiarito che è ormai tempo che Berlusconi si ritiri perché è “vecchio”. Silvio Berlusconi è nato il 29 settembre 1936, mentre il professor Onida è nato il 30 marzo dello stesso anno, sei mesi prima, ed ha quindi già compiuto 77 anni. Ricordiamo, per completezza, che il Presidente Napolitano, che gli ha conferito l’incarico, sta per compiere 88 anni… Dovrebbe quindi – e da molto tempo – essere stato rottamato come ora si dovrebbero rottamare Berlusconi ed Onida?
Se l’esimio professore ritiene che a 76 anni compiuti ci si dovrebbe ritirare dalla scena, perché ha accettato il prestigioso incarico? E per contro se ritiene che a 77 anni si sia ancora abbastanza svegli per dare suggerimenti ai politici per come uscire dalla crisi, perché nega che una persona che continua a ricevere il consenso di milioni di cittadini sia in grado di svolgere analoghe funzioni solo perché rappresentante di idee non condivise dal “saggio”?
Se il professore ha esplicato il suo mandato di giudice costituzionale e di Presidente della Corte con la stessa imparzialità dimostrata nella conversazione citata, molte carenze giudiziarie e di interpretazione costituzionale si spiegano.

Il Bertoldo

08 aprile 2013

Margaret Thatcher 1925-2013


Non vincitori (eternal losers)


Il Partito Democratico (quello italiano, s’intende) e tutte le sigle che l’hanno preceduto (PCI, PDS, DS,  L’ULIVO) costituisce certamente un esempio unico al mondo di raggruppamento politico specializzato nel “non vincere” le elezioni. Anche quando è riuscito, generalmente per il rotto della cuffia, come si suol dire, ad ottenere una risicata maggioranza, lo ha sempre fatto alleandosi ad improbabili ed inconsistenti partiti o movimenti di estrema sinistra (SEL, Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani eccetera), oltre a quello pseudo partito, l’IDV, fondato e guidato da un magistrato forcaiolo ed illetterato, introdotto in politica proprio dal PDS. In effetti ha sempre evitato accuratamente di accettare alleati che non professassero rigide ideologie marxiste-leniniste.
Ed ogni qual volta è stato incaricato di formare un governo, è sempre stato incapace di mantenere la stessa struttura esecutiva per tutta una legislatura: nel 1996 – 2001, per esempio, si sono succeduti ben tre premier, Prodi, D’Alema, Amato. E’ a nostro parere interessante cercare di dare una spiegazione a questo strano fenomeno che si ripete ormai da decenni e che in definitiva danneggia non solo il PD – e la cosa non sarebbe in sé importante – ma tutto l’evolversi della democrazia nel nostro paese.
Il PD, com’è noto, non è altro che il naturale successore – senza alcuna effettiva evoluzione – del Partito Comunista d’ispirazione sovietica. Anche l’insistenza con la quale nelle varie denominazioni del partito si è sempre inserita la parola “democratico”, tipica degli stati del blocco sovietico, dimostra che esso, come continuatore della ideologia comunista, non può tollerare nessuno più a sinistra di se stesso. Ecco quindi il perenne gioco di inutili ed inspiegabili alleanze, del tutto controproducenti in un mondo in grande evoluzione. Cerchiamo di esporre il nostro pensiero in proposito.
Da quando in Italia si è riaffermata la democrazia le sinistre, costituite dal PCI e suoi successori e dai mini movimenti orbitanti attorno ad esso, non hanno mai storicamente rappresentato altro che circa un terzo dell’elettorato. Evidentemente,  secondo le regole della democrazia – cui quei partiti dicono di ispirarsi – per governare un paese occorre disporre di una maggioranza parlamentare, essa stessa frutto di una quota maggioritaria dell’elettorato, senza adagiarsi su leggi truffa come il cosiddetto “porcellum”, che consente a chi ha poco più del 30% delle adesioni di ottenere surrettiziamente la maggioranza assoluta in uno dei rami del Parlamento.
Per ottenere finalmente una vittoria sul campo – e non solo una “non vittoria” – dove si devono cercare i voti mancanti? Il PD ed i suoi predecessori, costituiti in grande maggioranza, come essi stessi hanno sempre proclamato, da persone culturalmente superiori, non sono mai riusciti a trovare la soluzione del problema, in quasi settant’anni di partecipazione alla vita politica e ad oltre vent’anni dalla disgregazione dell’Unione Sovietica. Eppure, a nostro modesto parere, la soluzione, almeno concettualmente, è di facilissimo reperimento.
Secondo tutti gli studi in merito la massa degli elettori, come del resto una quantità di  altri fenomeni, si distribuisce sempre secondo una curva che ha la forma di una campana, la curva di Gauss, famoso matematico tedesco del diciannovesimo secolo. Per essere più chiari, il rigonfio della curva è rappresentato dagli elettori che professano opinioni non estreme. Le estremità della curva, molto più sottili, rappresentano invece gli elettori che professano idee più radicali ed estreme, di destra o di sinistra.
Queste considerazioni portano a concludere che il terreno di caccia per procurarsi un maggior consenso elettorale non può consistere per il PD nel cercare alleati su posizioni più intransigenti di sinistra, ma nel presentare programmi che interessino e convincano almeno una parte degli elettori su posizioni centrali. Naturalmente ciò non può avvenire se in continuazione si bollano tutti gli elettori – e sono moltissimi milioni – che non condividono le idee di ispirazione comunista come ignoranti, servi di qualcuno, imbecilli, evasori, in definitiva una massa di cretini con tendenze criminali.
Eppure questa è proprio la politica che viene seguita da decenni dal PD e dai suoi predecessori. La cosa non può che fare piacere a chi non simpatizza con le posizioni di quel partito; tuttavia un simile comportamento costituisce certamente un grave handicap per lo sviluppo di una reale democrazia non settaria ed aperta a tutti i cambiamenti che lo sviluppo tecnologico, economico e culturale richiede.
Parafrasando il linguaggio di moda, per cui i ciechi vengono definiti “non vedenti” e le vittime di handicap “diversamente abili”, possiamo definire gli ostinati “non vincenti” come “diversamente intelligenti”?

Il Bertoldo

ll male che uccide l'Italia



No, non e' solo la mafia.
Dopo 4 anni  l' Aquila rimane una citta' da ricostruire. Perche'?
Ecco perche':

5 Leggi speciali
21 Direttive del Commissariato del Governo
25 Atti della Struttura per la Gestione dell'Emergenza
51 Atti del Dipartimento delle Strutture Tecniche
62 Regolamenti del servizo della Protezione Civile
73 Ordinanze Ministeriali
152 Decreti del Commissario delegato per la Ricostruzione della Regione Abruzzo
720 Ordinanze del Comune.

 L'Aquila dovrebbe essere piena di buldozers, camion e betoniere.  Invece 1,109 leggi che impediscono la ricostruzione della citta'.

Ritorni


E’ cosa universalmente nota che la nostra Repubblica è nata dalla Resistenza antifascista. E la Resistenza sorse, una settantina di anni fa, dal desiderio di molti italiani di opporsi ai tedeschi invasori ed ai residui del fascismo, alleati dei tedeschi, riuniti sotto la sigla RSI, Repubblica Sociale Italiana.
Da allora il nostro paese, dopo aver cercato per decenni di restare un paese libero e democratico, soprattutto contro tutti i tentativi, striscianti o no, di adeguare per quanto possibile alcune nostre strutture a quelle in vigore nell’ex unione sovietica, è finito, per motivi che qui non è il caso di esaminare, in una grave crisi politica, economica e finanziaria: occasione ritenuta da alcuni, spesso proclamatisi a parole veri liberali, particolarmente adatta per cercare di “raddrizzare” gli italiani, giudicati, da coloro che si ritengono unici portatori della verità, una massa di inveterati evasori, bugiardi, ladri, corrotti e corruttori, antisociali e chi più ne ha più ne metta.
La ricetta fu una sola: ordine, disciplina e rigore. Naturalmente senza tener conto del fatto che i gravi difetti addossati al popolo italiano erano gli stessi nei quali eccelleva proprio la classe politica, quella stessa che pretendeva di estirparli ai propri concittadini. Tanto per fare un esempio, si condanna abitualmente la tendenza ad evadere le imposte, ossia a non versare spontaneamente ed allegramente allo stato tutto ciò che esso pretende. Tuttavia nulla si fa né si è mai neppure immaginato di fare per impedire lo spreco, normalmente per deplorevoli motivi elettorali, delle infinite risorse sottratte a chi le produce.
Molti sono gli elementi che ci spingono a ritenere che nel nostro paese di liberale o di socialdemocratico non ci sia quasi più nulla, ma si tenda sempre più ad adottare provvedimenti tipici dei paesi a dittatura comunista.
Lo stato considera di essere l’unico proprietario di ciò che esiste e di ciò che si produce, e quindi si arroga il diritto di disporne a proprio piacimento, incurante del volere e dell’interesse dei cittadini.
 Non esiste più alcuna privacy: lo stato pretende di conoscere tutti i nostri movimenti, i nostri acquisti, i nostri passatempi, il nostro modo di vivere, come e dove spendiamo il nostro denaro, che peraltro, a suo insindacabile giudizio, non è nostro ma suo, concesso graziosamente in uso a chi, con intelligenza e fatica, l’ha prodotto, sempre pronto a cogliere ogni sia pur minima discordanza fra ciò che siamo e ciò che dichiariamo di essere, al punto di aver enormemente limitato l’uso del contante per meglio controllare quando, dove, per cosa e con chii l’abbiamo speso.  Qualcosa di molto simile ad uno stato di polizia.
Siamo spiati continuamente da intercettazioni telefoniche, che troppo spesso, se coinvolgono persone ritenute non in linea con le ideologie di sinistra, vengono rese note a tutti a mezzo stampa, ignorando tutti i dettati non solo della legge ordinaria ma anche della Costituzione, che tutti dichiarano di venerare, ma che viene osservata solo se conforme ai propri interessi.
Gli avversari più ostici non vengono combattuti solo nel libero gioco democratico: si cerca di eliminarli – per il momento non ancora fisicamente – grazie all’aiuto sleale di una parte della magistratura, civile o penale, che costituisce un potere a sé, del tutto incontrollato, incontrollabile ed irresponsabile.
In fondo, sembra che, inconsciamente, si sia voluto riesumare la vecchia sigla, a suo tempo così strenuamente combattuta, sia pur con significato diverso: RSI, Repubblica Socialista (Sovietica) Italiana. Tuttavia qualche cosa della vecchia linea politica è rimasto attaccato alla nuova definizione. Grazie alle cure del cosiddetto governo tecnico, l’Italia è ormai saldamente controllata dalla Germania, anche se per ora non occupata militarmente. Per il momento non ci sono decimazioni fisiche di massa, ma solo distruzione incontrollata di aziende ed attività economiche varie, spogliazioni indiscriminate della popolazione e simili sciagurati provvedimenti che sono ormai all’ordine del giorno,  effettuati, come candidamente si è giunti ad affermare, per “eseguire” fedelmente e senza discutere gli ordini dell’Europa, essa stessa succube della Germania.
C’è solo da sperare che, contrariamente a quanto comunemente si ritiene, la storia si ripeta ed anche questa volta, come in ben due occasioni precedenti in un solo secolo, il sogno tedesco di dominare definitivamente l’Europa si infranga contro un realtà più forte della prepotenza e della protervia, e che gli sciagurati “Quisling” di oggi finiscano definitivamente nel dimenticatoio come ampiamente si sono meritati.
 Il Bertoldo

Egitto: Copti sotto attacco


Una folla di musulmani ha lanciato pietre e sparato con fucili contro i fedeli che avevano terminato i funerali copti. I cristiani stavano manifestando contro il governo, intonando slogan contro Morsi.

Coptic Christians under siege as mob attacks Cairo cathedral

I "fratelli musulmani" quelli che un mese fa dissero "Ci auguriamo che il nuovo Papa sia piu' tollerante e piu' lungimirante del suo predecessore". Islam e' una religione di dementi...

Ipocrisia terzomondista: Censurata la parola “clandestini”

"diversamente turisti"

Giornalismo in salsa Boldrini: L’Adnkronos annuncia che non userà più il termine per indicare gli immigrati irregolari sul nostro territorio.

La notizia 

(Fonte: Abr's)

05 aprile 2013



Mappa dei paesi pericolosi per turisti


Mappa e dettagli QUI

Topless Jihad Day per Amina


Per una volta sono d'accordo con loro....


Foto e notizia

Violenza contro cristiani in Pakistan. Imam usano altoparlanti nelle moschee per aizzare la folla.



Per carita'. Non parliamone.

ISLAMABAD, PAKISTAN : - At least 18 people were   injured Wednesday, April 3, when angry Muslims attacked a dozen Christian shops and churches in Pakistan's city of Gujranwala, Christians told BosNewsLife.
Among the seriously injured people was one man who was earlier reported to have died, but he survived, investigators said.
The violence in the city's Francis Colony area followed Muslim anger about Easter Sunday prayers in local churches and a dispute among Muslim and Christian youngsters over loud music, BosNewsLife established.
Adding to tensions was a Muslim cleric who rebuked Christian boys for "disrespecting Islam" by playing music on their mobile phones near a mosque, residents said.
Tuesday's fighting between Muslim and Christian boys soon spiraled out of control with local imams reportedly using mosque loudspeakers to encourage violence against "Christian infidels."
La notizia

Il saggio Onida: "I saggi sono inutili"

E allora perche' paghiamo 10 di loro?
Certo che al popolo italiano piace essere inchiappettato.

04 aprile 2013

Il Paciugotto va alla guerra (parte I)

by Yossarian

La Corea del Nord minaccia di lanciare missili sulle basi americane nel Pacifico, gli USA rispondono spostando due bombardieri strategici stealth B2 nella penisola coreana e bingo, si torna a parlare di guerra in una delle aree del pianeta che sono l'equivalente geostrategico di quello che in Geofisica e Vulcanologia viene definito un "vulcano esplosivo-attivo in uno stato di quiescenza": come il Vesuvio.

La Guerra Dimenticata
La penisola asiatica di Corea fu governata dall'Impero Coreano dalla fine del XIX secolo fino al 1910, anno in cui venne invasa e annessa dai giapponesi a quello del Sol Levante. Dopo la sconfitta del Mikado nella Seconda Guerra Mondiale, la Corea fu divisa in due: quella del nord venne occupata dalle truppe sovietiche e quella del sud dagli americani.
Nonostante sulla carta ( in questo caso letteralmente, tramite la "Dichiarazione del Cairo" del 1943) esistesse un piano per la riunificazione tramite una votazione sotto l'egida dell'Onu, questa venne pesantemente boicottata dai sovietici e dai comunisti nordcoreani, tanto che si svolse solo nel sud del paese e porto' alla creazione di due stati separati nelle rispettive aree di occupazione.


La Repubblica Democratica di Corea ("Repubblica Democratica" e' un ossimoro piuttosto comune in tutte le denominazioni delle dittature comuniste) nella parte settentrionale del paese, era ed e' governata dal Partito dei Lavoratori della Corea del Nord che pratica una variante locale del marxismo-leninismo detta "Juche" (autosufficienza), elaborata dal suo leader e fondatore Kim-Il-sung, per gli amici (anche questo un ossimoro) il Grande Leader, ma in realta' un feroce e sanguinario dittatore di stampo stalinista.

Un feroce e sanguinario dittatore di stampo stalinista

Nella zona d'influenza statunitense nacque la Repubblica di Corea, una repubblica presidenziale e all'epoca l'unico governo legittimo riconosciuto dall'Onu, guidata da Syngman Rhee, rampollo di una delle piu' antiche e prestigiose famiglie aristocratiche coreane, ultranazionalista (per questo era dovuto riparare in Cina durante l'occupazione giapponese) e in seguito implacabile anticomunista.
Syngman Rhee era essenzialmente un corrotto farabutto di destra che divenne "de facto" il dittatore della Corea del Sud con l'appoggio degli americani, in ossequio alla tradizionale consuetudine statunitense in politica internazionale, secondo cui Tizio sara' anche un farabutto, ma e' il "nostro farabutto ".

                                                                                      Il "nostro" farabutto 

L'eruzione del vulcano geopolitico coreano avvenne sei anni dopo l'ultima del Vesuvio: nell'estate del 1950 e in piena Guerra Fredda, quando Peppe Baffone in arte Stalin, si fece convincere dal leader comunista nordcoreano Kim-Il-sung che invadere e annettere la Corea del Sud, era una ideona brillante e geniale che avrebbe portato grandi benefici a entrambe le dittature. Una ideona fondata sull'assunto che della penisola asiatica agli americani non gliene potesse fregare di meno e che l'allora presidente americano Truman, non avrebbe reagito.

Caro Kim: come mi piace questo piano! E mi eccita farne parte. Facciamolo!

Ma come recita un vecchio adagio militare, "il nemico non collabora"e Truman mando' in fumo il piano dei due dittatori. La Guerra di Corea ( 25 giugno1950- 27 luglio1953) si trasformo' rapidamente da una bega locale a un conflitto su vasta scala tra una coalizione dell'ONU (Risoluzione 84 del 7 luglio 1950) guidata dagli Stati Uniti con la partecipazione diretta e indiretta di 23 paesi, e i nordcoreani appoggiati dall'URSS e dalla Cina comunista di Mao Tse Tung, che intervenne militarmente nel conflitto nell'ottobre 1950.
Dopo una fase iniziale di rapide offensive, grandi avanzate e alterne fortune delle due parti in lotta, il conflitto si impantano' in una sanguinosa guerra di posizione reminiscente del "tritacarne" di Verdun della Prima Guerra Mondiale, nell'aspro e montagnoso terreno coreano.
Quando nel luglio del 1953, dopo una serie di estenuanti trattative, venne firmato un armistizio nel villaggio di Panmujeon, la "brillante ideona" di Kim-Il-sung assecondata da Stalin, era costata la vita di tre milioni di coreani del nord e del sud, 400.000 cinesi (compreso il figlio prediletto di Mao), 36.576 americani e 2578 uomini dei vari paesi della coalizione ONU.
Tutto quel sangue per ritrovarsi essenzialmente senza ne' vinti, ne' vincitori, con un paese sempre diviso in due dalla linea del 38 parallelo e un armistizio che non si e' mai trasformato in un accordo di pace. Tecnicamente, le due Coree sono ancora in guerra.
Ma se a livello locale il conflitto si risolse in uno stallo, a quello internazionale, il terremoto coreano apri' una faglia nelle "placche tettoniche" geopolitiche dell'epoca le cui conseguenze avranno un peso enorme nella storia della seconda meta' del XX secolo.
La Guerra di Corea e' infatti lo spartiacque della Guerra Fredda, il momento in cui il confronto tra il blocco comunista e le alleanze occidentali si allarga dall'Europa spaccata in due dalla Cortina di Ferro per assumere una dimensione planetaria.
Negli Stati Uniti, il successore repubblicano di Truman, il presidente ed ex comandate delle truppe alleate in Europa nella Seconda Guerra Mondiale, Dwight D. Eisenhower, decide che con l'invasione della Corea del Sud, l'URSS ha lanciato il guanto della sfida globale e sulla scia della strategia del "contenimento" elaborata nel 1946 dal diplomatico George Kennan, formula la cosiddetta "teoria del domino", in base alla quale se si consentiva all'URSS di prendere il controllo di un paese chiave in una qualsiasi area del globo, le nazioni vicine sarebbero cadute sotto l'influenza sovietica come i pezzi di un domino.
Questa dottrina influenzo' pesantemente la politica internazionale americana durante la Guerra Fredda e fu la causa diretta di molti interventi militari statunitensi nel mondo, a cominciare da quello catastrofico del Vietnam.
E in tal senso la Guerra di Corea lascio' un altro retaggio avvelenato nel mondo occidentale, stabilendo una sorta di paradigma delle guerre combattute successivamente dagli USA e dai suoi alleati, i cui effetti si avvertono ancora oggi.
Gli americani chiamano quella di Corea "La Guerra Dimenticata" perche' dopo un periodo di iniziale entusiasmo patriottico, l'attenzione dell'opinione pubblica statunitense verso il conflitto calo' drasticamente e, specie durante la sanguinosa fase di stallo dal 1951 al 1953, parve addirittura volerlo rimuovere. Al contrario di quanto era avvenuto durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, i reduci trovarono una America decisamente fredda nei loro confronti e per non pochi di loro, che solo qualche anno prima avevano anche combattuto in Normandia o a Iwo Jima, questo fu un trauma.
Tutti conoscono la Guerra del Vietnam e il dramma dei suoi reduci, ma di quelli di Incheon o del Chosin Reservoir (due grandi battaglie del conflitto) ancor oggi si sa poco o nulla.
Per loro o contro di loro, nessun Jimi Hendrix suono' una versione devastante di Purple Haze nel livido mattino di un megafestival rock. Nessuna rivoluzione, figli dei fiori, amore libero, Detroit che brucia, Sergente Hartmann, Charley, la Cavalleria dell'Aria e la Cavalcata delle Valchirie, mama-san, papa-san e "cinque dolla, amole lungo lungo".
Nemmeno i pacifisti che ti aspettano all'aeroporto per sputarti addosso e chiamarti "ammazzabambini".
La Guerra di Corea non entro' nell'immaginario collettivo del mondo e dell'occidente.
I veterani della Corea trovarono solo la piu' totale e completa indifferenza di un'America indaffarata e indifferente che voleva riprendere il suo " business as usual" e dimenticare una guerra che non la riguardava piu'.

 
1968, Hue, Vietnam: io sono fico. Sono amato o odiato. E comunque, con me, ci fanno un sacco di film.

1950, Chosin Reservoir, Corea del Nord: io invece, evidentemente ho la mamma negra perche' non mi si fila nessuno. Fra l'altro, nel Viet-Fottuto-Nam almeno faceva caldo. Qui fa un freddo becco. 

I tre anni in Corea segnarono inoltre la fine "dell'Eta' dell'innocenza" per il soldato americano e la sua immagine di "Settimo Cavalleggeri della Liberta' ". Qualcuno negli USA comincio' a chiedersi se per proteggere la democrazia dalle dittature comuniste, fosse moralmente giustificabile appoggiare o instaurare dittature reazionarie o fasciste come quella di Syngman Rhee, ma soprattutto se bisognasse versare sangue americano per proteggere un abominevole autocrate fascista, dall'aggressione di un nefando tiranno comunista.
Del resto, la propaganda sovietica e cinese - aiutata piu' o meno volontariamente da non poche sinistre occidentali - fu molto abile nel mescolare le carte in tavola, facendo passare aggressore per aggredito e oppressore per oppresso, secondo un copione collaudato e concepito espressamente per l'opinione pubblica occidentale, che si ripetera' nel Vietnam e in tutte le guerre successive anche dopo la caduta del comunismo.
Tutte queste contraddizioni all'epoca erano ancora allo stadio embrionale, ma sarebbero esplose alla fine del decennio successivo in Vietnam.
Ma anche nel blocco dei trinariciuti, il conflitto coreano ebbe ripercussioni drammatiche.
L'imprimatur di Stalin al piano di Kim-Il-sung, fu l'ultimo e il piu' grave di una serie di errori che "l'Uomo d'Acciao" commise dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il primo avvenne "in famiglia" quando nel 1948, il leader jugoslavo Tito e il suo partito comunista, ansiosi di scrollarsi dal giogo di Mosca per percorrere la loro via nazionalista al socialismo, ruppero con Mosca e vennero espulsi dal Cominform.
Il secondo, sempre nel 1948, fu il Blocco di Berlino con il susseguente ponte areo anglo-americano che risulto' in un clamoroso "occhio pesto" per Stalin. L'iniziativa sovietica, oltre a fallire sul piano pratico, convinse alleati occidentali e tedeschi che era necessario istituire uno stato tedesco indipendente nell'area d'influenza americana e trasformo' l'URSS nel "pericolo pubblico numero uno" della democrazia, spingendo vari stati europei ( fra i quali l'Italia) a entrare nella NATO.
E a guerra iniziata, Stalin fece forse quello piu' catastrofico, quando durante la seduta del Consiglio di Sicurezza dell"ONU che autorizzo' l'intervento militare in Corea, il delegato dell'Unione Sovietica non si presento' alla riunione per boicottare il seggio permanente del consiglio, assegnato al governo di Taiwan invece che alla Repubblica Popolare Cinese di Mao, e non pote' quindi esercitare il diritto di veto che avrebbe stroncato l'iniziativa USA.
Io lo dico sempre che boicottare oltre a non servire un cazzo e' controproducente. Ma vallo a spiegare ai centri sociali.
L'avventura nordcorena, come lo "Strappo di Tito", apri' un'altra crepa nel monolito comunista, che all'epoca non venne percepita ne' da Stalin, ne' dagli occidentali, ma che a lungo termine si trasformo' in una rottura netta dalle conseguenze devastanti per l'URSS, con l'altro grande stato comunista del pianeta: la Cina.
Dopo un inizio pirotecnico che aveva travolto il patetico esercito sudcoreano e quasi rigettato in mare le poche e male addestrate truppe statunitensi nella penisola, le armate della Corea del Nord vennero prima fermate dall'accanita resistenza degli americani a Pusan, e poi colte completamente di sorpresa da una rischiosissima e geniale operazione ( l'unica della sua sopravvalutatissima carriera) del generale americano Douglas MacArthur, l'ex eroe della guerra contro il Giappone, che sbarco' 40.000 uomini alle loro spalle, nella citta' di Inchon.

Lo sbarco di Inchon: un assoluto colpo di genio e anche l'unico della carriera di MacArthur. 

 Gia' piagato da gravi problemi logistici e con le vie di rifornimento tagliate da MacArthur, l'esercito nordcoreano si squaglio' come neve al sole e nell'autunno del 1950, le forze ONU e USA, come si evince dalla cartina, avevano non solo liberato la Corea del Sud, ma anche occupato la capitale di quella del Nord, Pyonyang e il resto del paese, spingendosi al confine con la Cina.
Mao Tse Tung, a differenza di Peppe Baffone che di arte militare non capiva una emerita sega, era un eccezionale tattico e stratega ( i suoi scritti sulla "guerra di popolo" sono stati e sono la Bibbia di tutti i movimenti di liberazione del secolo scorso e di quello attuale) e decise di intervenire per salvare i nordcoreani sulla scorta di due considerazioni che si rivelarono sostanzialmente corrette: la Cina era uscita a pezzi dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla successiva guerra civile contro Chiang Kai shek, quindi la rivoluzione aveva bisogno di consolidarsi e non poteva permettersi, oltre all'amaro boccone di Taiwan, di avere un altro stato ostile e filoamericano sulla porta di casa. In secundis, si trattava di una questione di prestigio: visto che l'ONU snobbava il governo di Mao, quale occasione migliore per dimostrare con una prova di forza proprio contro l'ONU che la Cina comunista era una realta'?
E' la stessa logica che nei film western spinge il giovane e brillante, ma sconosciuto pistolero a sfidare il grande e famoso pistolero.
E il grande pistolero fu impallinato come un tordo, perche' l'attacco cinese inflisse all'ONU e agli USA la piu' secca e netta sconfitta subita dall'esercito americano dopo la caduta delle Filippine per mano dei giapponesi e la fase iniziale dell'offensiva delle Ardenne per quella della Wehrmacht.
Il leader cinese che era comunque conscio dei limiti operativi e soprattutto logistici della sua Armata Rossa, chiese a quel punto un aiuto e un impegno concreto all'altra Armata Rossa del collega russo, ma Stalin comincio' a nicchiare e ad accampare scuse fumose: un po' come le donne quando voi ammiccate con l'occhio trigliato e loro vi dicono che hanno "mal di testa".

"No, sul serio Mao, non stasera: ho un'emicrania che mi spacca il cervello" 

Alla fine Stalin accetto' di fornire a Pechino armi e munizioni ( e nemmeno tante) che i cinesi dovettero pagare utilizzando un prestito che i sovietici gli avevano fatto per ricostruire l'economia distrutta dalla guerra civile.
Mao e la dirigenza cinese, che alla fine della guerra avevano pagato a carissimo prezzo l'intervento, ebbero l'impressione di essere stati usati da Stalin e le relazioni tra le due potenze comuniste cominciarono quel lento declino che sarebbe culminato con l'ostilita' aperta degli anni 60 (quando sul fiume Ussuri al confine tra Russia e Cina volarono sberloni tra le due Armate Rosse) e la clamorosa apertura agli americani con la "diplomazia del ping pong" e la successiva visita di Nixon in Cina nel 1972 che normalizzo' le relazioni fra USA e Cina isolando l'Unione Sovietica.

"Sei un comunista puzzone, ma sei simpatico e chissa', forse un giorno anche voi trogloditi potrete provare l'ebbrezza del capitalismo" 
"Velo, e magali voi spostale tutte vostle fabbliche da noi e noi diventale licchi sfondati con vostli dollali in nostle banche pel poi lidulvi in mutande e diventale plima potenza mondiale. Capitalismo anglosassone non e' tigle di calta, ma tigle mongoloide". 
"Hahahahahaha, ma sai che sei una sagoma? Cos'e', umorismo cinese?"

*** 

Nella seconda parte di questo post, esamineremo le vicende della famiglia Kim al timone della Corea del Nord e ci sposteremo nel presente con alcune riflessioni personali sull'ultima crisi del 38 parallelo.
Il termine " Paciugotto" riferito a Kim-Jong-un, e' copyright esclusivo dello straordinario Aleks (Sobchak Security).

(Fonte: London Alcatraz)

Corea del Nord: Si a attacco nucleare contro Stati Uniti


"Il momento dell'esplosione si avvicina. Oggi o domani..."
Generale Kim Kyok-sik




"Mi piace l'odore del napalm al mattino.....Profuma di vittoria" 
Ten. Col. William "Bill" Kilgore

02 aprile 2013